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Stress Ossidativo, Sport e Attività Fisica

 

Lo stress ossidativo costituisce un capitolo della biochimica relativamente recente che, probabilmente

per il suo carattere di “trasversalità” o “interdisciplinarietà”, non ha ancora trovato una sua adeguata e soddisfacente

collocazione in Medicina dello Sport e nella Medicina in genere.

E’ noto, infatti, che un’accentuazione dei processi ossidativi, di cui è spesso espressione un’aumentata

produzione di radicali liberi, può accelerare il fisiologico processo dell’invecchia-mento e risulta associata ad

almeno 100 patologie, dall’ictus cerebrale all’infarto del miocardio, dal diabete mellito all’obesità, dal morbo

di Parkinson alla malattia di Alzheimer, dal morbo di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS al cancro, e così

via.

Tuttavia, al contrario di queste condizioni morbose, abbastanza ben definite sotto il profilo nosografico,

lo stress ossidativo non esibisce una propria sintomatologia, non dà luogo ad un vero e proprio quadro clinico

e, pertanto, al medico che non ne sospetta l’esistenza, non fornisce elementi tali da suggerire un adeguato

approfondimento diagnostico. Eppure, l’esecuzione di alcune semplici indagini biochimiche consentirebbe

un immediato inquadramento del problema, evitando al paziente una serie di conseguenze tali da comprometterne

la durata e/o la qualità della vita già nel breve o medio termine.

A rendere più complesso questo quadro – già di per sé poco confortante – c’è da aggiungere che se il

medico, per una serie di ragioni, non sempre è adeguatamente “informato” sull’argomento, l’analista di laboratorio

non è generalmente “attrezzato” per eseguire test miranti alla valutazione dello stress ossidativo.

E intanto – paradossalmente – terapisti, farmacisti, allenatori sportivi e persino estetisti continuano a

prescrivere e/o suggerire all’atlea potenzialmente a rischio di stress ossidativo l’assunzione di integratori ad

attività antiossidante. Non importa se quest’ultima sia reale o presunta. Non importa se quegli antiossidanti

prescritti senza una precisa indicazione o, comunque, senza una documentata necessità, si rivelino essere

essi stessi causa di ulteriore danno da accumulo o da azione pro-ossidante paradossa.

Infatti, secondo una prassi ormai consolidata, non è abitualmente prevista l’esecuzione preliminare di

test biochimici, pur disponibili per la routine clinica, per dimostrare – tramite l’identificazione e la quantificazione

nei fluidi extracellulari e/o nei tessuti di adeguati marker biochimici – la necessità oggettiva di tali formulazioni.

In altri termini, mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo

dopo che un test abbia documentato inequivocabilmente una condizione di ipercolesterolemia, è diffusa la

tendenza all’uso di antiossidanti anche quando non è necessario, proprio perché non è ancora diventata

buona prassi eseguire preliminarmente una valutazione di laboratorio dello stress ossidativo.

Tali concetti assumono particolare rilevanza nel campo della Medicina dello Sport. Infatti, se è vero che

una moderata attività fisica contribuisce in varia misura a ridurre la morbilità e la mortalità relative alle patologie

vascolari e a numerose forme di cancro, non v’è dubbio che l’esercizio strenuo o, comunque, inadeguato,

favorisce l’insorgenza di lesioni da stress ossidativo, sia a livello dell’apparato locomotore che a livello sistemico.

Pertanto, tutti coloro che svolgono attività fisica e, in special modo gli atleti, dovrebbero periodicamente

sottoporsi ad una valutazione dello stress ossidativo al fine di prevenire – attraverso non solo un più

“fisiologico” regime di allenamento ma anche un più razionale sfruttamento delle proprie capacità antiossidanti

ed un più oculato impiego di integratori – patologie locali o generalizzate legate alla presenza di una

quantità eccessiva di specie chimiche reattive e, in particolare, di radicali liberi dell’ossigeno.

Questo obiettivo può essere oggi facilmente raggiunto grazie all’esecuzione di semplici test biochimici,

quali il d-ROMs test ed il BAP test, che consentono una valutazione globale – cioè sia del versante pro- che

di quello anti-ossidante, rispettivamente – del bilancio ossidativo dell’atleta, sia esso dilettante o professionista.

Tali test possono essere eseguiti in un comune laboratorio di analisi ma, per essere più vicini alle esigenze

dello sportivo, anche presso lo studio dello specialista in Medicina dello Sport o nei Centri Fitness, attraverso

strumentazioni dedicate, quali il sistema FREE o il sistema FRAS.

Le evidenze scientifiche accumulatesi nell’ultimo decennio indicano, in particolare, che il d-ROM test,

consente l’identificazione e la definizione circostanziata di una condizione di stress ossidativo negli sportivi,

rendendo possibile, quando indicato, il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante