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Radicali liberi, antiossidanti e stress ossidativo.

Dalla ricerca di base alla pratica clinica.

Dr Eugenio Luigi Iorio. MD, PhD.

Alimentazione scorretta, abuso di bevande alcoliche, assunzione cronica di farmaci, fumo di sigaretta, esercizio fisico inadeguato, inquinamento ambientale . . . Sono solo alcune delle cause di una particolare forma di “stress” che gli studiosi hanno battezzato col termine di “stress ossidativo” (1).

Si tratta di un tipo ben diverso – e decisamente più pericoloso – del più comune “stress emotivo” che affligge quotidianamente gran parte della popolazione residente nei Paesi Occidentali ad elevato tenore economico (2).

Lo stress ossidativo è una forma di  “stress chimico” indotto dalla presenza, nel nostro organismo, di quantità esageratamente elevate di una “famiglia” di agenti potenzialmente nocivi ad azione ossidante, i cui membri più famigerati sono i cosiddetti radicali liberi dell’ossigeno (3).

Lo stress ossidativo è ritenuto responsabile dell’invecchiamento precoce e di una serie lunghissima di malattie molto comuni – oltre un centinaio – che vanno dall’ipertensione arteriosa all’arteriosclerosi, dall’infarto all’ictus, dal Parkinson alla Demenza di Alzheimer, dalla colite alla pancreatite, dall’obesità al diabete, dalla bronchite cronica all’artrite reumatoide, dall’AIDS a numerose forme di cancro (2, 3) (tabella 1).

Tuttavia, al contrario di queste condizioni, quasi sempre identificabili con un corretto esame medico ed una serie di indagini ormai ben codificate, lo stress ossidativo è molto più subdolo, poiché non dà luogo a dei sintomi caratteristici, né ad un quadro clinico particolare, proprio perché le sue cause sono da ricercarsi in entità “invisibili”, quali, appunto i radicali liberi (4).

Pertanto, al medico che non ne sospetti l’esistenza, lo stress ossidativo non fornisce alcun elemento tale da suggerire un approfondimento diagnostico, laddove l’esecuzione di semplici test di laboratorio consentirebbe un immediato inquadramento del problema, evitando al paziente una serie di conseguenze tali da comprometterne la durata e/o la qualità della vita già nel breve o medio termine.

A rendere più complesso questo quadro – già di per sé poco confortante –  c’è da aggiungere che se il medico, per una serie di ragioni, non sempre è adeguatamente    “informato”    sull’argomento, l’analista di laboratorio non è generalmente “attrezzato” per l’esecuzione di test specifici per la valutazione dello stress ossidativo.

E intanto – paradossalmente – terapisti, farmacisti, allenatori sportivi e persino estetisti  continuano a prescrivere e/o suggerire al soggetto potenzialmente a rischio di stress ossidativo l’assunzione di integratori ad attività antiossidante. E non importa se quest’ultima sia reale o presunta.

Infatti, secondo una prassi ormai consolidata, non è abitualmente prevista l’esecuzione preliminare di alcun test di laboratorio, pur disponibile per la routine clinica, per dimostrare – tramite la quantificazione nel sangue di adeguati indicatori biochimici (marker) – la necessità oggettiva di tali formulazioni.

In altri termini, mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo dopo che un test abbia documentato inequivocabilmente un elevato livello ematico di colesterolo, è oggi sempre più diffusa la tendenza ad assumere antiossidanti anche senza la documentazione puntuale, a livello ematico, di un aumento del livello dei radicali liberi e/o di una riduzione delle proprie “fisiologiche” difese antiossidanti. Proprio perché non è ancora diventata buona prassi eseguire preliminarmente una valutazione di laboratorio dello stress ossidativo.

Oggi, invece, le evidenze scientifiche sostengono il concetto che solo un’adeguata valutazione biochimica può consentire l’identificazione e la definizione circostanziata di una condizione di stress ossidativo e rendere possibile, quando indicato, la messa a punto ed il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante (4, 5).

Tra le varie opzioni attualmente disponibili a medici ed altri operatori sanitari (6), il panel messo a punto dal ricercatore italiano Carratelli consente di valutare in maniera globale lo stress ossidativo attraverso l’esecuzione di due test, il d-ROMs test ed il BAP test (5). Il d-ROMs test consente di determinare la concentrazione ematica dei meaboliti reattivi dell’ossigeno (ROM) e, in particolare, degli idroperossidi, marcatori ed amplificatori del danno cellulare da radicali liberi (4, 5). Il BAP test consente di determinare l’efficienza della barriera antiossidante plasmatica in termini di attività ferro-riducente (5).

Grazie a questi due test, oggi gestibili grazie ad uno specifico algoritmo diagnostico computerizzato.è possibile porre una prima diagnosi biochimica di stress ossidativo estremamente precisa ed affidabile, ove le due componenti contrapposte, quella pro- ed anti-ossidante sono valutate distintamente (7). In altri termini, è possibile stabilire in tempo reale se lo stress ossidativo è dovuto ad un aumentata produzione e/o ad una ridotta capacità di eliminazione dei radicali liberi.

Tutti dovrebbero sottoporsi alla valutazione dello stress ossidativo, anche in condizioni di buona salute e, a maggior ragione, se si è esposti in maniera non episodica a fattori pro-ossidanti (es. stili di vita non corretti, eccesso di attività aerobica, inquinanti nell’ambiente di lavoro ecc.) o si è affetti da patologie croniche  degenerative (es. diabete, aterosclerosi, neoplasie, demenza, artrite reumatoide, ecc.) o, infine, si è costretti a subire determinati trattamenti (es. dialisi, by-pass, trapianto d’organo, pillola, radioterapia, chemioterapia, ecc.) (8, 9).

Solo grazie a questa valutazione sarà possibile ottimizzare terapie specifiche e monitorare la reale efficacia di formulazioni antiossidanti, troppo spesso assunte senza che un test ne abbia documentato la reale necessità. La stessa “prescrizione” di integratori, infine, potrà poggiarsi – in questo delicato campo – su basi più solide e uscire dalla fase empirica in cui spesso viene a trovarsi.

 

Bibliografia

(1) Iorio EL. Lo stress ossidativo quale fattore di rischio per la salute. Il ruolo dei fattori ambientali. Proceedings Giornate Medico-Chirurgiche Romane "Ambiente: salute o malattia”. 31 ottobre 2003. Roma. 2003. (2) Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S, Belcaro G. Importanza dello stress ossidativo come fattore di rischio per la morbilità. La Medicina Biologica. 2000. 1: 13–18. (3) Halliwell B. Free radicals, antioxidants, and human disease: curiosity, cause, or consequence? Lancet. 1994. 344:721–724. (4) Iorio EL. La valutazione globale dello stress ossidativo. Il Patologo Clinico. 2003. 5/6: 155–159. (5) Carratelli M, Iorio EL, Bianchi L. Metodi di misurazione dello stress ossidativo. ADI Magazine. 2006. 4 (10): 405 – 414. (6) Ridker PM, Brown NJ, Vaughan DE, et Al. Established and emerging plasma biomarkers in the prediction of first atherothrombotic events. Circulation. 2004. 109 (Suppl. IV): IV-6 –IV-19. (7) Iorio EL, Cinquanta L, Pisano R. A diagnostic algorithm to manage oxidative stress. Australasian J Cosmet Surg. 2006. 2 (1) : 26-30. (8) Carratelli M, Iorio EL. Potential usefulness of oxidative stress in nutrition and food supplementation. Proceedings IV Greek Congress on Free Radicals and Oxidative Stress. October, 7–10, 2004. Larissa, Greece. 2004. P. 15. (9) Iorio EL. d-ROMs test in sport. Cosmetic News. 2004. 157: 272–275.